Porquerolles

43° 00,10′ N 006° 10,00′ E

Da Toulon in 3 ore di bolina stretta ma comoda contro il Marin, il vento da sud est che d’estate domina l’area e a cui il Mistral ha lasciato un po’ di spazio, sono all’isola di Porquerolles. Insieme a lei, prendendo anche il nome confidenziale dell’arcipelago delle isole di Hyères, ci sono Port Cross, riserva naturalistica, e l’île du Levant, riserva militare. Con un po’ di orgoglio io e Senza Vergogna abbiamo percorso una rotta ottima che ci ha fatto arrivare prima degli altri marinai con lo stesso intento di passare la notte all’ancora. Ancora che nella rada di Langoustier è finita sotto uno dei pochi scogli. Pazienza, non è previsto vento e se pur con un po’ di apprensione la lascio lì. L’indomani approfittando del cambio guardia dei diportisti la libererò per calarla nuovamente sulla vicina sabbia e tornare sereno. Scendo a terra, approfittando di una giornata piovosa, ed esploro l’isola in tutta la sua interezza: quello che stupisce del litorale francese è che l’uomo ha colonizzato interamente in territorio ma tenendo a mente che se lo scopo è l’esperienza naturalistica, la natura deve avere lo spazio maggiore. I sentieri ci sono e sono ben mantenuti ma i pochi interventi informativi sono i legni e le case sono nascoste dalla vegetazione. Dal mare sembra tutto disabitato e selvaggio, a terra bisogna cercare l’impronta umana. Colpisce molto, complice la pioggia ed il tepore primaverile, l’odore di erba e radici. Qualcosa di simile alla liquirizia e alle foglie umide, alla vegetazione riscaldata, nella sensazione che un’energia sotterranea alimenti la vita dell’isola. Cammino e dove vedo un pertugio tra gli alberi mi infilo. Il premio è una traccia solo mia nella geografia di questo territorio per me inesplorato. Penso a tutte le volte che nelle prime esperienze di turismo ho cercato le cose da vedere, gli imperdibili highlights di un posto nuovo, e mi rendo conto di come ora non abbia senso ricalcare sentieri di qualcun altro. I miei piedi hanno il loro passo così come la mia capacità di attingere. La forma dell’albero che cattura la mia attenzione è il mio tempio e la mia scoperta, finirebbe di sicuro nell’ideale guida del luogo, una guida pensata e destinata a me solo. E poco male se perderò il Colosseo o la cascata del Niagara, il mondo che porterò addosso sarà un’esperienza nuova come per un bambino, senza escludere che dal confronto col territorio immancabilmente sarà difficile allontanarsi da quello che spicca. Dovessi consigliare, direi che vale la pena cercare il nostro nel nuovo piuttosto che chiedere cosa c’è di interessante. Finirà che la bettola dietro l’angolo diventerà il nostro luogo del cuore, con buona pace della lonely planet o di Instagram.

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