43° 30′,62 N 007° 02′,74 E
Nella natura di chi vuole infrangere l’orizzonte c’è il movimento, la tensione a detestare la stasi, il divenire come scopo. Funziona, le cose si mettono in moto e anche nella difficoltà l’abitudine al cambiamento regala emozione ed esperienza. Ma non siamo univoci, se propendiamo in una direzione inevitabilmente tralasciamo qualcos’altro. E a volte nella ricerca di altro dobbiamo modificare il metodo, il paradigma esplorativo. Ho imparato che per ascoltare i suggerimenti del mio animo musicale devo assorbire e poi fermarmi, come per lasciare che il sale corroda la scorza necessaria a non mollare e la vegetazione marina cresca sul mio scafo fermo in forma di idee musicali. Ho bisogno che il vento molli, che mi dia tregua per poter mandare il sangue dai muscoli al cervello, per poter acuire i sensi verso l’interno non dovendomi più preoccupare del mondo. E ho imparato che ci vuole tempo, e che devo lasciarmelo questo tempo, che devo avere fiducia in me come ricettacolo e nel mondo che mi circonda come mittente. Così, dopo due giorni all’ancora in una meritata alta pressione, fioriscono ispirazioni come cirripedi su un’opera viva pigra, che si concede il lusso di non esplorare i mari per esplorare se stessa. E ti viene voglia di raccontare la passeggiata di una medusa altrettanto pigra.