Minorca

40°00’00.7″N 3°49’53.6″E

Il vento gira di qualche grado e la bolina impossibile diventa possibile. Dura ma possibile. Fuori dalla protezione di Cap Formentor il mare si ingrossa ma mi lascia passare, ricorda la gerarchia degli elementi ma permette alla buona volontà di decidere la rotta. Dopo 6 ore con un bordo unico mura a sinistra compare un’invisibile Menorca, più bassa della sorella Mallorca e quindi in una foschia di metà Maggio sfuggente fino a 4 o 5 miglia di distanza. Le sue scogliere sono regolari, dritte sul mare e il primo approdo risulta essere la Ciutadella. Il porto comunale accetta prenotazione dopo un’articolata e poco amichevole registrazione online, che si rivelerà però semplice e utile una volta superato lo scoglio iniziare, e permette a barche solo entro i 12 metri di ormeggiare per cifre irrisorie. Quello che mi stupisce e che mi stupirà in seguito è come Menorca chieda di entrare nella roccia molto in profondità per trovare i luoghi riparati dal vento e dalle onde, cosa che li rende praticamente inespugnabili alle intemperie. Questo primo ricovero non fa eccezione e lo scafo sfila tra ville lussuose e rocce trasformate in tempi antichi in cimiteri e casematte più recentemente. Miguel risponde come una macchietta di un cartone animato al VHF e la sua gentilezza non stride con l’essersi attardato a chiacchierare mentre ormeggiavo la barca in autonomia. Accanto a me dei francesi che riparano crepe nello specchio di poppa con il nastro adesivo. Hanno l’età dei miei genitori probabilmente, la pelle tesa e scurita dal sole, i capelli imbionditi tra quelli ingialliti. Sembrano due amici di vecchia data, insieme non per necessità ma per il piacere di condividere un viaggio, l’ennesimo. La gestualità, la calma, l’idea stessa di usare del nastro adesivo per dei buchi su un elemento strutturale, per quanto non condivisibile, restituiscono numerose miglia che trapelano dalle fessure rimaste al posto degli occhi, tipiche di persone che gettano lo sguardo qualche miglio oltre l’orizzonte. Ci salutiamo con ampi sorrisi, io penso che andare per mare è una cosa semplice se ci si concentra sull’essenziale. Scendo rapido e giro per una cittadina magica: la pietra calcarea è usata per tutto, le strade sono ordinate, la vita silenziosa e in attesa del turismo che riempirà la strada delle discoteche all’aperto ma che ancora è negli uffici a produrre il plusvalore per poterselo permettere. Fuori dal centro storico strutture abitative ben tenute senza eccessi, una lunga passeggiata lungo un altro dei numerosi calanchi di quest’isola, tanto belli quanto utili in quanto il fondale è di 5-6 metri per tutta la lunghezza di quasi mezzo miglio, potendo usare anche la scogliera a picco per legare cime e mettersi al sicuro. Tramonta il sole, l’illuminazione giallognola esalta l’austerità di questa cittadina sentinella, torno in barca e mi godo un successo e una pace restaurata con il mare.

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